È UN TENTATIVO PER GARANTIRE LA CONTINUITA’ DI APERTURA, MA METTE IN CRISI IL RAPPORTO CON I DIPENDENTI E CON I CLIENTI
Dal 6 agosto per poter accedere nei locali di bar, ristoranti, pizzerie, rosticcerie, pasticcerie, spettacoli, eventi sportivi, musei, biblioteche, piscine, palestre, centri benessere, terme, parchi tematici, centri culturali, sociali e ricreativi, ecc., nonché alle aree di sagre, fiere, convegni e congressi occorrerà mostrare il green pass. Al di là della più o meno consapevole disinformazione che fanno alcuni, si tratta di un obbligo di legge, assistito da sanzioni rilevanti.
L’epidemia non è affatto terminata e l’economia non può reggere nuove chiusure generalizzate. Di qui la scelta del Governo per tentare di garantire continuità di apertura delle attività e un livello minimo di normalità almeno a chi si sottopone al vaccino. Il fatto che esitano buone ragioni però non può nascondere che il sistema che sta per entrare in vigore introduce elementi che possono creare tensioni con i clienti e turbare il sistema dei rapporti e delle responsabilità nei contratti di lavoro.
Tanti sono i punti critici: la legge impone ai titolari delle attività l’obbligo di verificare la validità del green pass e l’identità del possessore al momento dell’accesso al locale. Le forze dell’ordine verificheranno la sussistenza dei controlli e potranno sanzionare sia i titolari che i clienti per eventuali violazioni.
È chiaro che un sistema di questo tipo, che snatura la professione stessa dei gestori dei pubblici esercizi e dei titolari delle altre attività con obblighi di controllo abnormi, è ammissibile solo nell’emergenza e nell’eccezionalità della situazione e dovrà essere abrogato nel più breve tempo possibile. Facciamo appello a tutti affinché collaborino con i controlli che i gestori effettueranno, controlli che non hanno richiesto e che sono costretti a condurre.
Anche se c’è la possibilità che sia rivista in corsa, la normativa ad oggi, a poche ore dall’entrata in vigore, è ancora incoerente in diversi punti, non solo nell’assurdità delle consumazioni al bancone normate differentemente da quelle al tavolo, ma anche nel fatto che non prevede l’obbligo di green pass per il personale. È evidente che se c’è l’obbligo per i clienti non può non esserci anche per i lavoratori.
Le attività hanno alle spalle quasi un anno mezzo di obblighi di chiusure, impossibilità di pagare le scadenze, ristori inesistenti oggi devono fare i conti con una normativa che mette in crisi i rapporti con i dipendenti e con i clienti: il sentimento di esasperazione è più che giustificato, occorre buonsenso e responsabilità.
Ancora una volta è in primo luogo la categoria dei pubblici esercizi che viene mandata a sciogliere in pratica i nodi di una normativa che seppure intenda garantire la continuazione delle attività, risulta astratta e in gran parte di difficilissima attuazione. Non vi è alcuna chiarezza, soprattutto sulle responsabilità dei datori di lavoro rispetto agli obblighi privacy e rispetto alle criticità che si possono presentare nella gestione del rapporto di lavoro. Senza contare le problematiche introdotte nel rapporto con i clienti, che non possono non tradursi anche in maggiori costi e minori ricavi.
La normativa riguarda anche le sagre e le fiere, considerato che, con la riapertura generalizzata delle sagre a seguito dell’ordinanza Tesei, molte appaiono oggi condotte anche in violazione delle seppur molto blande limitazioni che discendono dalla legge regionale del 2015, ci aspettiamo che almeno per quanto riguarda i controlli anti-Covid gli organi preposti e, in particolare i comuni, dimostrino pari impegno anche nei confronti delle sagre che possono essere una situazione di grande pericolosità per la diffusione del virus.